L’ultima stima sulle dimensioni della malattia di Alzheimer nel mondo è sconcertante: immaginate l’intera popolazione della Russia, 150 milioni di abitanti, tanti saranno gli ammalati nel 2050. Una malattia che oggi costa un trilione di dollari l’anno e che nel 2030 costerà il doppio.
Sono alcuni dei numeri contenuti nell’annuale Rapporto mondiale sull’Alzheimer del 2018: in America la malattia di Alzheimer ha ormai preso il sopravvento sul cancro come malattia più temuta, visto che negli Stati Uniti uccide più del cancro al seno e alla prostata insieme. Si stima un nuovo caso nel mondo ogni tre secondi. E non c’è cura.
Ma che cos’è l’Alzheimer?
La malattia di Alzheimer rappresenta circa il 60% dei casi di demenza, una sindrome che si contraddistingue per il deterioramento della memoria e di almeno un’altra funzione cognitiva, provocando un declino delle capacità dell’ammalato: si stima che il 6% delle persone con più di 65 anni ne sia affetto, ma la prevalenza aumenta progressivamente con l’età, che è il fattore di rischio più importante della malattia, per arrivare al 25% di persone ammalate nella fascia d’età degli over-80.
Questo non significa che invecchiare è sinonimo di demenza, come generalmente si è indotti a pensare: la maggioranza delle persone anziane non ne soffre ed è quindi sbagliato considerare “normali” alcuni dei sintomi che si riscontrano negli alzheimeriani.
L’insorgenza dei sintomi è graduale e il declino delle facoltà cognitive è di tipo lento e progressivo, dapprima con interessamento delle funzioni cognitive, dalle complesse alle più semplici: nelle prime fasi sono intaccate le capacità di apprendimento di nuove conoscenze, le competenze lavorative e le attività socialmente complesse. Con il progredire della malattia, la persona non è più in grado di svolgere le attività di base della vita quotidiana quali – ad esempio – l’igiene personale e l’alimentazione. Nelle fasi avanzate sono intaccate le capacità motorie come la deambulazione e la deglutizione.
Attualmente la diagnosi è fatta “per esclusione”, attraverso informazioni clinico-strumentali con una attendibilità intorno al 90%: per avere una diagnosi certa infatti è necessaria una biopsia cerebrale per poter valutare i tessuti e evidenziare la presenza di alcune proteine, o corpuscoli, che rappresentano l’unica prova sicura della malattia.
Ad oggi non esistono esami per determinare in modo certo la probabilità di sviluppare questa malattia: da molti anni si sta cercando di definire la cosiddetta “fase preclinica” della demenza di Alzheimer.
Anche le cause della malattia non sono state ancora chiarite in maniera univoca: ciò che appare evidente è la progressiva morte (atrofia) delle cellule cerebrali, i neuroni, un fenomeno normale negli anziani, ma che nei malati di Alzheimer diviene molto più marcato e più rapido. Il perché questo avvenga è attribuito al momento alla presenza quantitativamente anomala nel cervello di depositi di sostanze quali la beta-amiloide e la proteina Tau.
La durata media della malattia è di 10-15 anni e la morte nella maggior parte dei casi è dovuta all’insorgenza di altre patologie, alle complicanze dell’allettamento e all’aggravarsi delle condizioni cliniche generali: la demenza infatti accentua la fragilità globale della persona, comportando un aumento delle patologie che la affliggono.